Autore: Emanuele Cinell Pubblicato: 15/01/2011 08:33:18 Categoria: editoriale Letto: 6300 Rating: 3
0Mannaggia, ma come faccio ad arrivarci? Sono due ore che giro per le strade della città, due ore che seguo i cartelli direzionali, che litigo con i sensi unici; due ore, però, che giro in tondo ritrovandomi immancabilmente alle stesso punto di partenza. Le ho provate tutte, ma non c’è verso d’andarcene fuori, i sensi unici mi riportano sempre al punto di partenza.
Sono stufo di girare a vuoto e perdere tempo inutilmente, ho deciso, parcheggio e ci vado a piedi. Si ma dove parcheggio? Quelli che ho visto nel mio girotondo intorno al … no, non al mondo, ma al centro, erano tutti pieni. Boh, forse spostandomi sull’esterno troverò qualcosa. Ecco la l’indicazione per un centro commerciale, di sicuro vicino ci saranno dei parcheggi.
Prendo la direzione indicata dal cartello segnaletico e, stanco ma fiducioso, già mi vedo parcheggiare. Ah, quale sogno fu mai meno previdente! Rotonda, quattro direzioni possibili, nessun cartello segnaletico, manco i nomi delle vie ci sono. Va beh, quelle due strade sembrano portare verso la periferia, quale prendo? Bim, bum, bam, ecco prendo questa! Procedo per la strada, dritta e circondata di case, ma senza parcheggi, in fondo si vede un poco di cielo, si, si sono proprio sulla strada giusta.
Cento metri, duecento, trecento, quattrocento e … bang, divieto d’accesso! Oh cavolo, non si può procedere. A destra e a sinistra non ci sono deviazioni, devo invertire la marcia e tornare indietro. Detto fatto, troverò ora una strada laterale? Si, si, eccone una e va proprio nella direzione dell’altra strada che partiva dalla rotonda. Deciso imbocco la stradina, dopo una cinquantina di metri questa svolta a destra e poco dopo c’è un incrocio. Sorpresa, posso andare solo a destra, ma così ritorno dov’ero prima. Va beh, non posso fare altro.
Via, si riparte all’assalto, svolto a destra e seguo la nuova strada fino al suo termine dicendomi, la svolterò a sinistra e raggiungerò la periferia. Arrivo al termine della strada e, nooooooooo, ancora obbligo di svolta a destra. Cavoli, ma in questa città hanno proprio la mania dei sensi unici!
La nuova direzione obbligata mi riporta alla rotonda, dove prendo la direzione che avevo tralasciato e, dopo un paio di chilometri, finalmente arrivo ad un parcheggio in gran parte vuoto. Mi fermo, parcheggio l’auto e guardando l’orologio m’accorgo che ormai l’ora dell’appuntamento è passata da un pezzo. Si, ci voleva anche questa. Avviso il cliente che sono in forte ritardo, gli spiego dove sono e lui, gentilissimo, mi dice di aspettarlo li che mi raggiunge nel giro di una mezz’ora.
Bene, tutto e bene ciò che finisce bene, mi sistemo con l’auto in un posto ombreggiato, apro la portiera, mi distendo sul sedile per rilassare un attimo le gambe e la schiena e, come spesso mi capita, inizio a pensare ai nuovi articoli.
Ho un’idea in mente da qualche giorno, ma non mi riesce di fissarla, è un’idea intrigante, ma anche un argomento difficile, dovrò documentarmi bene e non sarà facile trovare documentazione affidabile. Pensa che ti ripensa, improvvisamente una luce, un bagliore, una nuova idea che spunta forte e presuntuosa nella mia mente. E’ bella, molto bella, mi piace, non devo farmi scappare il momento creativo, dove è il blocco, ah eccolo, e la penna, ecco anche quella, fortuna che li tengo sempre in macchina.
Inizio a scrivere, le parole compaiono sulla carta velocemente, senza esitazioni, sono al massimo della creatività, scrivo senza pensare, il mio cervello e la mia mano sembrano collegati tra loro in modo diretto.
Il senso unico! Come nelle città il senso unico sembra essere diventata una moda, un pensiero fisso, l’imperativo massimo del moderno stile di vita, della nuova comunicazione sociale di base.
Capita che parlando con qualcuno, dopo diverse parole, dopo diverso tempo in cui nessuno dei due cede un millimetro dalle proprie posizioni, ecco che ti senti dire “Ma lo sai che sei proprio testardo!” Già, perché lui ha ceduto qualcosa a me, perché lui è stato più flessibile, lui ha cambiato un poco idea. No, lui ha fatto lo stesso che ho fatto io: è rimasto fermo sulle sue posizioni. Il senso unico!
Altre volte parlando di certi argomenti un poco particolari, ad esempio (toh guarda che combinazione) il nudismo, ecco, capita che ti venga detto “Si ok, però … però le tua libertà finisce dove inizia la mia.” Embhè? Allora? Che vuol dire? E’ mai possibile che sia sempre la mia libertà ad avere una fine, una barriera, e mai quella dell’altro? Eppure mi sembra quantomeno logico che la frase abbia la stessa identica valenza anche invertendo i soggetti, eppure no, sei sempre tu che devi fermarti. Il senso unico!
Ancora, capita che scrivi qualcosa e ti vengono fatte delle osservazioni che tu consideri, magari solo in parte, errate, quindi ribatti esponendo i tuoi perché. Mai l’avessi fatto: “Stai limitando la mia libertà di espressione”. Ma guarda te, limito la libertà di qualcuno perché mi permetto di ribattere alle sue obiezioni? Non è che per caso a questo punto sia l’altro che sta limitando la mia libertà di espressione? E’ diritto basilare della comunicazione (talvolta è addirittura un obbligo) che l’estensore di un idea, di un progetto, di uno scritto, possa rispondere alle osservazioni ricevute, anche rifiutandole; invece no, gli dicono di star zitto, ma se sta zitto poi si sente rinfacciare quasi le stesse cose e, magari, dalle stesse persone. Il senso unico!
Di nuovo, rispondi a delle contestazioni e… “Non accetti le critiche”, “Bisogna saper accettare tutto” e via dicendo. Ma guarda te non accetto le critiche? Non è che per caso è l’altro che non sta accettando le mie controcritiche? Ma guarda te io devo, e sottolineo devo, accettare tutto, l’altro, invece, può non accettare quello che ho detto io. Il senso unico!
Il senso unico, ma va, che bella invenzione, permette di evitare il confronto quando questo diventa