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Ecologia del nudismo

Autore: Emanuele Cinell
Pubblicato: 23/04/2011 12:03:17
Categoria: nudismo
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Grazie alla licenza poetica possiamo permetterci di viaggiare nel tempo e fare un balzo indietro a riprendere il cammino, fisico e dialettico, insieme al bimbo che, accompagnato dal padre, arrivava per la prima volta su una spiaggia.

Fra i mille perché del bimbo, i due proseguono la loro passeggiata quando ad un certo punto s'ode un pianto sconsolato, anzi si direbbe proprio disperato. Il bimbo trascina il padre nella direzione del pianto e scopre che a piangere è un suo coetaneo, la cui madre sta tentando di mettergli il costume.
"Signora" dice il bimbo "perché insiste nonostante il pianto di suo figlio? Perché vuole proprio farlo star male? Perché non rispetta il suo naturale desiderio di stare nudo? Non capisce che non piange per capriccio, ma perché lei gli sta inducendo un profondo malessere?" La donna si gira e, con uno sguardo di sorpresa, guarda il bimbo che gli ha parlato "Carissimo, mio figlio è cresciuto ed è arrivata per lui l'ora di nascondere alla vista pubblica pisellino e contorno. Non ti ha spiegato nulla tuo padre?" "Si, l'ha fatto, ma proprio non riesco a capire perché dobbiamo farci violenza e rinchiudere delle parti tanto delicate e sensibili nella morsa del costume, è solo un fastidio e le assicuro che crescendo dedicherò parte della mia vita a far si che questa barbara abitudine debba cambiare."

"Vede, mia cara signora, la nudità è ecologica alle funzioni psico-fisiche dell'essere umano, anzi di ogni essere vivente. Il bambino, nella sua spontaneità e nella sua logica naturale, percepisce in modo molto forte il benessere che ne deriva, così come percepisce altrettanto fortemente il malessere fisico sensoriale provocato dal pur minimo vestiario, come, per l'appunto, il costume da bagno. L'adulto, al contrario, alterato da anni di repressione dei propri stimoli sensoriali, non percepisce più tali agi e tali disagi, quantomeno non a livello conscio. L'inconscio, magari, tenta anche di passare degli stimoli, ma l'io censore, ormai forte e condizionato, non li lascia passare; qualora qualche stimolo dov'esse anche passare, entrano in gioco le barriere consce e le paure, che inducono la persona ad auto reprimerli, a scacciarli come pensieri impuri, poco dignitosi, se non addirittura segni di patologia psichica.
Sono stati abbattuti quasi tutti i tabù che riguardavano il corpo umano, compresi quelli sul sesso inteso come attività sessuale. Oggi del sesso se ne parla liberamente e pubblicamente: pubblicità, spettacoli televisivi, articoli giornalistici, trasmissioni radio, tutto parla di sesso, tutto mostra senza vergogna immagini ammiccanti e, spesso, ambigue. Ormai in televisione e sui giornali non si censurano più le immagini che riprendono gli animali nell'atto della riproduzione, anzi, spesso i documentari focalizzano molto la loro attenzione su questo aspetto. Oggi sono molti coloro che si ribellano alla barbara abitudine di far indossare abitini a cani e gatti o altri animali domestici. Oggi pochi si scandalizzano alla vista di una persona nuda. Oggi è considerata una patologia psichica il non spogliarsi nemmeno nell'intimità della propria casa. Oggi più nessuno si sogna di fare il bagno in casa standosene vestito. Eppure… Eppure in spiaggia ancora bisogna coprirsi con un piccolo pezzo di stoffa che nulla nasconde, eppure nelle saune ancora bisogna insanamente coprirsi quantomeno con un telo, eppure nelle piscine ancora bisogna insensatamente nuotare e fare la doccia in costume, eppure, eppure, eppure. Perché?

Certo non esiste un'unica risposta, possiamo solo fare delle ipotesi, per alcuni ne varranno certe, per altri altre, ma è certo che non si tratta di abitudine logica, naturale, sana.
Forse non si può rinunciare al costume perché questo per quanto piccolo pezzo di stoffa permette di differenziarsi socialmente, distinguere tra chi può permettersi il costume di grido e griffato e chi no? Forse non si può rinunciare al costume perché questo permette di praticare lo sport oggigiorno più diffuso: guardare e criticare gli altri, il loro aspetto fisico, i loro atteggiamenti? Forse non si può rinunciare al costume in ragione di un artificioso e insulso concetto di bellezza e bruttezza, di ciò che si può esporre e di ciò che non è esponibile? Forse non si può rinunciare al costume perché, ignorando che una volta tutti nudi ci si sente tutti uguali e più nessuno bada agli altri, si ha paura di un eventuale confronto? Forse non si può rinunciare al costume perché si percepisce che una volta nudi tutti mostrano quello che sono e quello che non sono, forse è proprio questo che spaventa: mostrare quello che si è e quello che non si è? Forse non si può rinunciare al costume perché così facendo si possono scaricare le colpe della società (devianze e timori sessuali) su coloro che al costume hanno rinunciato?

Andiamo oltre, il costume è solo una piccola parte della rinuncia allo stato originario e naturale: ci sono moltissime occasioni in cui si potrebbe far a meno del vestiario, eppure no, si preferisce soffrire, si preferisce violentarsi ma il vestito deve stare al suo posto.
Perché stare vestiti quando il caldo è opprimente? Serve solo a consumare inutilmente le poche risorse energetiche accendendo centinaia, migliaia, milioni di condizionatori!
Perché stare vestiti quando si suda facendo attività sportiva? Serve solo a spendere i pochi soldi che abbiamo in abbigliamento sportivo di alta tecnologia, abbigliamento il più traspirante possibile, ma che, comunque, lo è sempre meno della nuda pelle!
Perché stare vestiti quando si è in casa? Boh, qui proprio una risposta non esiste, solo per convenzione e per abitudine, probabilmente, solo perché così si è stati educati e mai ci siamo posti il problema che, forse, si potrebbe anche fare diversamente!
L'uso del vestiario è antiecologico: l’inquinamento delle fabbriche che creano i tessuti sintetici; l’inquinamento delle sostanze coloranti; il problema dello smaltimento dei vestiti ormai inutilizzabili; il doversi lavare più spesso per contrastare l’aumento di sudorazione (e i saponi, per quanto ecologici, sono comunque fattori inquinanti).
 L'uso del vestiario è antieconomico: il costo dei vestiti; il consumo più o meno rapido degli stessi; la moda che spinge al ricambio anche quando non necessario.
L'uso del vestiario è antisociale: moda e vestiti griffati; chi ha soldi e chi no; chi spreca e chi ricicla; io sono bello e tu sei brutto.
L'uso del vestiario è antisalutare: riduzione delle capacità di autoregolazione termica del corpo umano; abbattimento delle capacità di autodifesa dell’organismo; permanenza del sudore sulla pelle e correlativo maggiore sviluppo di batteri e altri agenti patogeni; l’abrasione cutanea dei vestiti e del doversi lavare più frequentemente.

Al contrario…
Il nudismo è ecologico: zero o quantomeno pochi vestiti corrisponde a meno problemi di smaltimento degli stessi e meno impatto ambientale dovuto alle industrie tessili.
Il nudismo è economico: zero o quantomeno pochi vestiti corrisponde a meno spesa per il loro acquisto e il loro mantenimento.
Il nudismo è socialità: non avendo nulla che possa dichiarare la differenza economica e sociale, le persone possono liberarsi dai condizionamenti comunicativi e convivere in modo più semplice e naturale.
Il nudismo è salute: la pelle nuda può respirare al meglio; tutti i recettori termici possono rilevare istantaneamente e perfettamente la temperatura esterna, inviando al sistema nervoso centrale i giusti segnali necessari alla precisa autoregolazione della temperatura corporea.
Il nudismo, per concludere e riassumere, è ecologico al benessere psico-fisico della persona."

La donna è rimasta ad ascoltare il bimbo in profondo silenzio, colpita dalle sue


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